PREFAZIONE
Nell’ “Amor sacro e amor profano” del Tiziano, quale delle due donne – una vestita, l’altra nuda – rappresenta la materialità, la sensualità, quale la purezza, l’amor celeste? Ognuno vede quello che “vuol” vedere, in base alla propria formazione culturale. Ogni artista – quindi, anche ogni fotografo – produce ciò che è. Noi vediamo e sentiamo quello che siamo. Tutti compiamo determinate scelte in relazione alla nostra personalità, ai nostri modelli o canoni estetici, edonistici, etici. Nel giudicare ciò che è bello, che piace, cerchiamo una sensazione di equilibrio, di soddisfazione, una risposta ad un turbamento, ad una emozione. In base alla loro formazione, al loro modo di vedere, ai loro interessi intimi, molti artisti individuano nel corpo, nella figura, l’armonia e la perfezione, il bello. Del resto, questi concerti sono stati la molla, l’ispirazione – secondo alcune interpretazioni – o il condizionamento – secondo altri punti di vista – di gran porre della produzione artistica del passato (si pensi al periodo rinascimentale!). Scrisse tempo fa Angiola Codacci Pisanelli: “Dietro alla rappresentazione più naturale del corpo umano c’è il riflesso di duemilaseicento anni di ricerca artistica. Tanti ne furono passati quando in Grecia furono scolpiti i primi kouroi, le statue dei giovani dal corpo rigido e piatto che sono i primi esempi di nudo. Nudo maschile, si badi bene: passeranno circa due secoli prima che uno scultore osi ritrarre una donna senza veli. A raccontarci la storia di un soggetto che ancora oggi occupa un posto privilegiato nell’educazione dei giovani artisti è Kenneth Clark: direttore della National Gallery, morto nel 1983… : Il Nudo – Uno studio della forma ideale… dalle veneri paleolitiche, bitorzoluti simboli di fertilità, fino agli enigmatici nudi di Pablo Picasso o Constantin Brancusi”. In Fotografia – ci ricordano in epoche diverse Eugéne Atget e Robert Frank – tutto è da fotografare, perché la bellezza risiede ovunque. Il Bello, inteso come Armonia, come ricerca di equilibrio, come risposta alla pulsione e attività interiore: Ansel Adams lo trova nei paesaggi, Edward Wesron sia nelle forme della natura che in quelle dei nudi femminili, Mapplethorpe negli scultorei corpi maschili, Hamilton in quelli flessuosi e longilinei delle acerbe adolescenti, Newton nelle statuarie e aggressive Top-model, Lewis Carrai nei fragili, ma graziosi corpi fanciulleschi; e da Bill Bradt a Man Ray, da Ruth Bernhard a Joyce Tenneson, da Arno Minkkinen fino ai tanti autoritratti al femminile, siamo di fronte a diverse interpretazioni del corpo umano e dell’umana esistenza, a tante figure che ci rimandano a convinzioni, concerti, metafore, Idee…, frutto di sofferenze, inquietudini, esperienze, ricerche interiori. Il rapporto figura/natura è la forma esteriore con la quale Antonio rappresenta il suo mondo interiore relativo ali’ “immaginario femminile”. La produzione fotografica di Care lavi è molto ampia: spazio dal reportage urbano all’interpretazione dei luoghi, al nudo, ai “sogni marerializzari” (ai sogni che aiutano a vivere). Il suo ultimo lavoro “RITRATTI IN POSA” non ci comunica solo che l’autore è affascinato dall’effimero dello bellezza rappresentata dalle “sue” modelle (bellezza palpabile – quella delle modelle di Antonio – solida; emblema di una perduta femminilità che le tendenze della moda attuale hanno indirizzato e – pare – cristallizzato su altri canoni estetici); limitandoci o queste semplici considerazioni faremmo una lettura superficiale e riduttiva, perché dalle immagini trapela una rappresentazione ben più profonda e articolata. Egli costruisce un sogno, ci svela al tempo stesso la sua visione ideale della figura femminile, di riflesso ci rimanda alla metafora della vita. Il gioco dei chiaro/scuri, la luce ora soffusa, tenue, ora invece intensa, a tratti abbacinante sulla scena; il bosco – luogo sempre carico di mistero – gli alberi, il vento, il fruscio delle fronde, sono elementi di una situazione onirica. Su questo impianto scenico scorrono in sequenza quattro donne: belle, formose, seducenti, rassicuranti: donna/bambina (enigmatico e scherzosa), donna/madre (natura), donna/sensuale (complice), donna/destino (casualità). Claudia (cuori), ildikò (quadri), Fabiola (fiori), Simon (picche) rappresentano la poliedricità dell’immaginario femminile di Antonio; vogliono significare anche una metafora, sono lì a suggerirci la grande awenrura della viro, o rammentarci l’esperienza umana con le sue infinite sfaccettature, incertezze, precarietà; a ricordarci un’esistenza dove niente è stabile e definito, niente è duraturo al di là del nostro “salvifico” immaginario.
Vincenzo Marzocchini
Moggio Udinese, 22 aprile 1998